Un’analisi filosofica del nazismo nell’ultimo seminario Anpi

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Per il ciclo di seminari Anpi, promossi e organizzati dall’Officina di Studi storico-politici Maria Penna, venerdì 6 aprile alle 17.30 il salone “Di Vittorio” della Cgil di Benevento ha ospitato l’intervento di Dario Melillo dal titolo “Alcune riflessioni sulla filosofia dell’hitlerismo”: quando l’etica non è a fondamento della politica e del diritto.
Cuore della relazione l’analisi dell’articolo del filosofo ebreo Emmanuel Lévinas, Alcune riflessioni sulla filosofia dell’hitlerismo, pubblicato sulla rivista francese “Esprit” nel 1934 e considerato il primo tentativo filosofico per comprendere “ciò che è alla base del progetto e della realizzazione dello sterminio del popolo ebraico”.
Per Lévinas la barbarie del nazionalsocialismo non è frutto del caso, di un momento di follia nello sviluppo razionale della storia, ma la sua origine risiede nella “possibilità essenziale del Male elementale (Mal elemental) cui ogni buona logica può condurre e nei cui confronti la filosofia occidentale non si era abbastanza assicurata”.
Questa possibilità si ritrova nella filosofia heideggeriana che è, per Lévinas, il punto più alto della filosofia contemporanea, ma al tempo stesso la dissoluzione della filosofia idealistico-liberale.
A partire da queste premesse e da questa critica della stessa filosofia occidentale l’articolo di Lévinas si concentra sull’analisi di quelle che sono due tendenze contrapposte, due visioni del mondo; da un lato la linea di continuità formata da ebraismo-cristianesimo-liberalismo-marxismo e dall’altro la loro negazione nell’hitlerismo.
La prima tendenza ha come sua caratteristica di fondo un sentimento della libertà incondizionata dell’uomo di fronte al mondo e alle possibilità che sollecitano la sua azione. Questa libertà e il suo messaggio di salvezza sono presenti tanto nell’ebraismo quanto nel cristianesimo, ma sono altresì presenti nel liberalismo e nel marxismo, nel primo sotto forma di forza della ragione che sceglie fra possibilità logiche e nel secondo sotto forma di emancipazione e affrancamento dalle catene.
A questa tendenza si oppone l’hitlerismo, una “filosofia rudimentale” che risveglia “sentimenti elementari” i quali, però, sono di estrema importanza perché “racchiudono una filosofia; esprimono la prima attitudine di un animo di fronte all’insieme del reale e al suo destino. Predeterminano o prefigurano il senso della sua avventura nel mondo. Così la filosofia dell’hitlerismo va ben oltre la filosofia degli hitleriani. Pone in questione i principi stessi di una civiltà”.
Alla luce di queste considerazioni levinasiane nasce l’esigenza, secondo Melillo, di continuare ancora oggi ad interrogarsi su cosa il nazismo sia stato e a domandarsi se la libertà possa davvero essere un valore sufficiente per le sfide del nostro tempo.
Una risposta in tal senso ce la offre già lo stesso Lévinas per il quale è solo la libertà declinata in responsabilità che consente al soggetto di raggiungere la condizione umana, condizione che si manifesta a partire dall’incontro con il Volto dell’altro e dalla silenziosa ingiunzione che da esso proviene: “non uccidere”, ma “accogli”, “proteggi”, “salva”.
Il primato dell’etica si deve basare, per Lévinas, su una determinata disposizione originaria delle relazioni umane, caratterizzata per il filosofo ebreo dall’esposizione e dalla non-indifferenza all’altro, a partire dalla quale ogni altra costruzione filosofica, ma anche giuridico-politica, deve e può essere pensata e solo a partire dalla quale è possibile cercare di dare risposte umane alle vicende dei nostri giorni, da Bardonecchia al Mediterraneo.

Il prossimo appuntamento con i seminari Anpi è per venerdì 20 aprile alle 17.30 con Gaetano Cantone, La deriva del “nuovo”. Avanguardia culturale e avanguardia politica: dai futuristi all’extraparlamentarismo del Novecento.

di ANPI BENEVENTO

Seminario Anpi sulla filosofia dell’hitlerismo

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Venerdì 6 aprile proseguono i seminari promossi e organizzati dall’Officina di Studi storico-politici Maria Penna con un intervento di Dario Melillo dal titolo “Alcune riflessioni sulla filosofia dell’hitlerismo”: quando l’etica non è a fondamento del diritto e della politica.
Appuntamento alle 17.30 presso il salone “Di Vittorio” della CGIL.

di ANPI BENEVENTO

La Resistenza al Sud e la strage di Faicchio nel prossimo seminario Anpi

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Venerdì 23 marzo alle ore 17.30 nel salone “Di Vittorio” della Cgil di Benevento appuntamento con i seminari Anpi promossi e organizzati dall’Officina di Studi storico-politici “Maria Penna”.
Dolores Morra proporrà una riflessione dal titolo La Resistenza al Sud: temi e problemi storiografici, mentre Mariavittoria Albini si concentrerà su La strage di Faicchio nei documenti d’archivio.
L’appuntamento sarà anche l’occasione, per chi non lo avesse già fatto, per firmare l’appello nazionale “Mai più fascismi” e dare la propria vicinanza all’associazione attraverso il tesseramento.

di ANPI BENEVENTO

Seminari Anpi: la letteratura resistenziale come epos per l’Italia repubblicana

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Il sesto appuntamento con i seminari dell’Anpi si è svolto venerdì 9 marzo alle 17,30 presso la sala Di Vittorio della Cgil di Benevento. I relatori, Corrado Tesauro e Lorenzo Covino, hanno presentato ai partecipanti un interessante intervento dal titolo Su alcuni temi della letteratura resistenziale offrendo interessanti parallelismi storico-letterari in particolar modo tra l’epica greca e la produzione letteraria scaturita dalla lotta di Resistenza.
«Era, il dopoguerra, un tempo in cui tutti pensavano d’essere dei poeti, e tutti pensavano d’essere dei politici; tutti s’immaginavano che si potesse e si dovesse anzi far poesia di tutto, dopo tanti anni in cui era sembrato che il mondo fosse ammutolito e pietrificato e la realtà era stata guardata come di là da un vetro, in una vitrea, cristallina e muta immobilità. […] Nel tempo del fascismo, i poeti s’erano trovati ad esprimere solo il mondo arido, chiuso e sibillino dei sogni. Ora c’erano di nuovo molte parole in circolazione, e la realtà di nuovo appariva a portata di mano; perciò quegli antichi digiunatori si diedero a vendemmiarvi con delizia. E la vendemmia fu generale, perché tutti ebbero l’idea di prendervi parte; e si determinò una confusione di linguaggio fra poesia e politica, le quali erano apparse mescolate insieme».
Da queste parole della scrittrice italiana Natalia Ginzburg è partito Corrado Tesauro per evidenziare quella che Calvino definì “l’esplosione letteraria” immediatamente succesiva alla fine della guerra, esplosione che presentava caratteri che andavano ben oltre un intento artistico-letterario, ma che si palesavano come “un fatto fisiologico, esistenziale, collettivo”.
Fin dal principio prese vita una smania di comunicare, un’esigenza di raccontare la Resistenza non solo da parte degli scrittori, ma ancor prima e soprattutto a livello popolare, nei luoghi dove la vita quotidiana riprendeva a scorrere grazie alla rinata libertà.
A partire da questo aspetto, ha affermato Tesauro, la nuova società repubblicana e democratica sorta dalle ceneri della guerra e della lotta al nazifascismo può fondare se stessa sui testi nati dalla Resistenza considerabili alla stregua di una “enciclopedia tribale”, proprio come il filologo inglese Erik Havelock aveva considerato la poesia epica «che offre abbondanti esempi di tutti gli schemi e le forme di comportamento da osservare, pressoché in ogni situazione sociale, nella comunità». E come per Havelock «la continuità della tradizione culturale viene assicurata attraverso la reiterazione dell’esecuzione pubblica della poesia» così i poeti e gli scrittori possono e devono far emergere l’epicità intrinseca nella letteratura resistenziale nelle cui opere ritroviamo una testimonianza collettiva e di comunità.
In quell’epoca era viva la necessità per scrittori e poeti di dare vita al romanzo della Resistenza, di dare forma a quel mare di esperienze e di storie che vive e vibranti rischiavano col tempo, però, di perdersi e di svanire, ma allo stesso tempo, ha proseguito Tesauro, questa necessità, però, doveva sapersi coniugare con una prassi letteraria che non fosse distaccata dalla realtà e che non mirasse a calare dall’alto i propri valori sul popolo.
Un esempio di questa incapacità a collegarsi con la realtà, ha concluso Corrado Tesauro, è il romanzo Uomini e no di Elio Vittorini nel quale il protagonista è un intellettuale di estrazione borghese alla ricerca di una vita autentica che si unisce ai partigiani, ma resta distaccato da essi perché ha come obiettivo un fine personale, quello di riscattare se stesso e la propria esistenza e, di conseguenza, in tal modo naufraga inevitabilmente l’intento di creare un’opera collettiva.
Come ha scritto Asor Rosa, la Resistenza si presenta come la semplice occasione di un discorso, che ancora una volta trova le sue motivazioni al livello della cultura e della ricerca intellettuale, ma così facendo resta un un romanzo sulla Resistenza e non “il romanzo della Resistenza” ricercato da un’intera leva di scrittori-partigiani.

La parola è poi passata a Lorenzo Covino che si è soffermato in particolar modo sui romanzi di Calvino e Fenoglio, Il sentiero dei nidi di ragno e Il partigiano Johnny.
L’opera di Calvino, oltre che per il valore letterario, ha offerto notevoli spunti soprattutto per l’introduzione scritta dall’autore all’edizione del ’64. In essa lo scrittore e partigiano italiano affermava di voler «combattere contemporaneamente su due fronti, lanciare una sfida ai detrattori della Resistenza e nello stesso tempo ai sacerdoti d’una Resistenza agiografica ed edulcorata». Calvino ha voluto con forza mostrare la Resistenza come fenomeno umano e per far questo non ha disdegnato di presentare i partigiani peggiori mettendo al centro del suo romanzo «un reparto tutto composto di tipi un po’ storti», ma nonostante ciò, i suoi partigiani evidenziavano, rispetto a benpensati e agiografi della Resistenza, una tensione di fondo, «un’elementare spinta di riscatto umano, una spinta che li ha resi centomila volte migliori di voi, che li ha fatti diventare forze storiche attive quali voi non potrete mai sognarvi di essere!».
A questa considerazione, Calvino aggiunse anche un tentativo di motivare quella che possiamo considerare una sorta di epoché, di sospensione della valutazione «sul giudizio morale verso le persone e sul senso storico delle azioni di ciascuno di noi» perché, continua nell’introduzione, «per molti dei miei coetanei, era stato solo il caso a decidere da che parte dovessero combattere; per molti le parti tutt’a un tratto si invertivano, da repubblichini diventavano partigiani o viceversa; da una parte o dall’altra sparavano o si facevano sparare; solo la morte dava alle loro scelte un segno irrevocabile».
A questo punto, ha proseguito Covino, se – come dice Calvino – solo il caso determinava il campo di battaglia cos’è che poteva salvare i partigiani? In cosa considerarli giusti rispetto ai repubblichini?
Una possibile risposta è ancora nelle parole di Calvino e in particolar modo nello scambio di battute tra Ferreira e Kim, comandanti partigiani, quando il primo chiede «quindi, lo spirito dei nostri… e quello della brigata nera… la stessa cosa?» e l’altro risponde «la stessa cosa ma tutto il contrario. Perché qui si è nel giusto, là nello sbagliato. Qua si risolve qualcosa, là ci si ribadisce la catena. Quel peso di male che grava sugli uomini del Dritto, quel peso che grava su tutti noi, su me, su te, quel furore antico che è in tutti noi, e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta a uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto. Ma allora c’è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra».
Covino ha poi proseguito con l’analisi de Il partigiano Johnny, uno dei più importanti romanzi della Resistenza e della letteratura italiana, ma per fare ciò è nuovamente ritornato sull’introduzione a Il sentiero dei nidi di ragno e alle parole che Calvino dedicò a Fenoglio che «riuscì a fare il romanzo che tutti avevamo sognato, quando nessuno più se l’aspettava […] e arrivò a scriverlo e nemmeno finirlo (Una questione privata), e morì prima di vederlo pubblicato, nel pieno dei quarant’anni. Il libro che la nostra generazione voleva fare, adesso c’è, e il nostro lavoro ha un coronamento e un senso, e solo ora, grazie a Fenoglio, possiamo dire che una stagione è compiuta, solo ora siamo certi che è veramente esistita: la stagione che va dal Sentiero dei nidi di ragno a Una questione privata».
Se Una questione privata è, per riprendere le parole di Calvino, “il romanzo che tutti avevamo sognato”, per Covino e Tesauro, invece, Il partigiano Johnny può essere per l’Italia repubblicana quella enciclopedia tribale che per Havelock furono i poemi omerici per i greci perché racconta tutta l’esperienza della Resistenza, in ogni suo aspetto, in ogni sua forma anche attraverso scene di vita quotidiana.
Tre, in particolar modo, sono gli elementi epici nel partigiano Johnny: il valore della lotta, il valore della morte e il valore della testimonianza.
Il primo si mostra nella sua valenza paradigmatica perché la stessa guerra partigiana va aldilà della contingenza storica per mostrare il valore di ogni uomo che sfida e combatte tutto ciò che offende la vita.
Il valore della morte, invece, risiede nel fatto che senza i morti, senza i compagni di Johnny che cadono nulla avrebbe senso ed invece qui la morte trasforma un mero fatto non in storia, bensì in una sorta di griglia simbolica che consente la comprensione dei fatti stessi.
Infine, il valore della testimonianza che prende forza nella morte e dalla morte di chi ha combattuto, dalla narrazione degli orrori e della violenza non solo di quella guerra civile, ma di tutte le guerre, dalla capacità di offrire una riflessione toccata da un sentimento di pietas verso le vittime, di porsi interrogativi ultimi sull’uomo e sul suo destino.

Il prossimo appuntamento dei seminari dell’Anpi promossi dall’Officina di studi storico-politici “Maria Penna” è per venerdì 23 marzo alle 17.30 con Dolores Morra e Mariavittoria Albini che presenteranno due interventi, La Resistenza al Sud: temi e problemi storiografici e La strage di Faicchio nei documenti d’archivio.

di Dario Melillo

Venerdì 9 marzo appuntamento con i seminari Anpi

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Nella sala “Di Vittorio” della Cgil di Benevento venerdì 9 marzo alle ore 17.30 nuovo appuntamento con i seminari Anpi organizzati dall’Officina di Studi storico-politici Maria Penna.
Lorenzo Covino e Corrado Tesauro proporrano ai presenti un intervento dal titolo Su alcuni temi della letteratura resistenziale.

di ANPI BENEVENTO

Seminario Anpi alla mostra fotografica Catalogna bombardata

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foto da www.ottopagine.it

 

La mostra fotografica Catalogna bombardata è stata inaugurata sabato 25 all’interno della Rocca dei Rettori. Ad aprire l’evento anche un incontro a più voci che l’Anpi Benevento ha voluto inserire all’interno del suo ciclo di seminari promossi dall’Officina di studi storico politici Maria Penna.

All’inizio del seminario è stata letta una lettera di saluto della professoressa Ida Mauro dell’università di Barcellona, animatrice dell’associazione italo-catalana AltraItalia e traduttrice della mostra dal catalano all’italiano che, non potendo essere presente, ha tenuto a far sentire la sua presenza e vicinanza all’evento.

Aldo Oliveri, della Società Filosofica Italiana – Sezione Napoletana “Giambattista Vico”, ha sottolineato l’importante questione “metodologica” messa in gioco dalla rivoluzione libertaria che cominciò durante le prime fasi della guerra civile spagnola. Infatti, la rivoluzione fu un concreto tentativo di emancipazione senza la necessità di una guida statale o di partito, un tentativo nel quale si diede risalto al valore della collettivizzazione e dell’autogestione a prescindere dalla posizione ideologica degli individui. Tuttavia, ha proseguito Oliveri, la parola d’ordine “prima la guerra e poi la rivoluzione” tentò e riuscì ad imbrigliare quello che può essere considerato il più grande tentativo di rivoluzione sociale di ispirazione anarchica e libertaria che fu tradito, ha concluso infine Oliveri, a livello dei dirigenti e non certo dalla base.

Nicola Di Matteo, docente di Economia politica all’università di Salerno, si è soffermato sulle condizioni macro e microeconomiche all’interno delle quali si sono dipanati gli eventi storici della guerra civile. In particolar modo si è concentrato sulla crisi economica degli anni trenta che ha rappresentato un fenomeno sociale che aveva le sue origini nel modo di produzione capitalistico: la produzione legata esclusivamente al guadagno. Di Matteo ha voluto, inoltre, evidenziare con forza come questa visione, tutt’ora centrale nella maggior parte dei paesi del mondo, non possa migliorare in maniera indefinita le condizioni di vita degli individui e debba, invece, fare i conti con la drammaticità delle ingiustizie sociali.

Infine Lorenzo Morricone, del Cento di documentazione Pasquale Martignetti, ha brevemente analizzato la dimensione africana della guerra civile spagnola e il peso dei 12000 uomini trasportati dall’Africa in Spagna sulle sorti della guerra ed inoltre ha ribadito come la violenza e la ferocia delle guerre europee di conquista coloniale siano state l’anticamera di ciò che poi si è realizzato sul fronte europeo. Proprio a tal riguardo Morricone ha voluto far presente il tentativo che il Centro Pasquale Martignetti sta cercando con forza di portare avanti per dar vita ad un giorno della memoria, il 19 febbraio, in ricordo delle vittime africane dell’imperialismo europeo.

La mostra sarà aperta ancora fino a giovedì 30.

Dario Melillo

Tonino Conte inaugura i seminari Anpi con una relazione su Antonio Gramsci

Il presidente Amerigo Ciervo e il presidente onorario Tonino Conte

Il presidente Amerigo Ciervo e il presidente onorario Tonino Conte

 

Il 10 novembre, presso il salone “Di Vittorio” della Cgil di Benevento, il primo dei seminari promossi dall’Anpi Benevento e curati dall’Officina di studi storico-politici “Maria Penna”.
 Ad aprire i lavori, che termineranno a maggio 2018, il presidente onorario dell’associazione Tonino Conte con un intervento dal titolo Passato e presente nella concezione gramsciana della prassi rivoluzionaria.
La relazione, densa e ricca di numerosi spunti critici per riflettere sulla nostra contemporaneità, ha messo in evidenza la tensione critica di Gramsci verso una lettura complessa della realtà. 
La grandezza di Gramsci, ha proseguito Conte, sta nel non aver mai perso di vista Marx e l’organizzazione dei soviet, ma allo tempo stesso tempo risiede in un’elaborazione originale specifica della situazione italiana. 
Questa elaborazione specifica non cancella, tuttavia, l’orizzonte mondiale che è sempre ben presente in Gramsci il quale, anzi, vede nella storia d’Italia un’estraneità a qualsiasi forma di nazionalismo.
 Conte ha sottolineato più volte l’analisi globale che Gramsci fa del pensiero di Marx in opposizione a interpretazioni eccessivamente schiacciate sul versante economico.
 “La rivoluzione non è un atto taumaturgico, è un processo dialettico di sviluppo storico”; la rivoluzione è quella che avviene prima della rivoluzione per realizzare l’egemonia prima di assumere il potere.
 Ecco quindi delineato uno dei lasciti fondamentali del pensatore sardo: la direzione ideale, morale e culturale che si avvale di apparati di conquista, trasmissione e organizzazione del consenso.
Per questo, ha concluso Tonino Conte, oggi come allora vale quanto Gramsci scrisse sul primo numero de L’Ordine Nuovo, «istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza».

Il prossimo appuntamento dei seminari è previsto per venerdì 15 dicembre alle 17.30 con Amerigo Ciervo che relazionerà su Lorenzo Milani e Giovanni Franzoni: i profeti giungono sempre in anticipo.

Dario Melillo

Seminari Anpi: si comincia venerdì 10

Locandina-seminari-ANPI

Venerdì 10 novembre 2017 alle ore 17.30 nella sala “Giuseppe Di Vittorio” presso la Cgil di Benevento prendono il via i seminari Anpi a cura dell’Officina di studi storico-politici “Maria Penna”.
La partecipazione ai seminari è aperta a tutti/e quelli/e che ritengono un impegno fondamentale ritornare ad approfondire, con serietà e con rigore, tematiche e prospettive storico-politico-filosofiche utili per provare a comprendere la complessità dei nostri tempi.
Il primo appuntamento vedrà un intervento del senatore Antonio Conte su Passato e presente nella concezione gramsciana della prassi rivoluzionaria.

La nota d’annuncio riportata dalla stampa locale:
http://www.ilquaderno.it/anpi-benevento-al-via-serie-incontri-filosofia-storia-politica-124242.html

http://www.gazzettabenevento.it/Sito2009/dettagliocomunicato.php?Id=107303&vcercaCom=anpi&vTorna=elencoc.php

http://www.ilvaglio.it/appuntamenti/18662/l039anpi-organizza-un-ciclo-di-dodici-seminari.html