Strage di Faicchio e problemi storiografici al centro dell’ultimo seminario Anpi

Chiesetta di San Francesco

Chiesetta di San Francesco

 

La storia al centro del seminario Anpi svoltosi venerdì 23 marzo presso il salone “Di Vittorio” della Cgil di Benevento con gli interventi di Mariavittoria Albini e Dolores Morra che hanno posto l’attenzione su La strage di Faicchio nei documenti d’archivio e La resistenza al Sud: temi e problemi storiografici.
Mariavittoria Albini ha aperto il suo intervento sottolineando il rapporto stretto che insiste tra Resistenza e stragismo e come la strage di Faicchio rientri a pieno titolo in questa dialettica storica.
Per la ricostruzione di questo drammatico evento Albini è partita dal romanzo di Emilio Bove, L’ultima notte di Bedò, Vereja Edizioni che pur essendo un’opera di narrativa concede pochi e marginali elementi alla fantasia riportando i fatti che condussero all’uccisione di quattro giovani: Benedetto Bove di 19 anni, Francesco Dusmet De Smours di anni 18, Rosario Di Leva di anni 16 e Aldo Pezzato di anni 18.
Come riportato anche nella scheda di questa vicenda presente nell’Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia «le quattro vittime facevano parte di un gruppo di 128 uomini rastrellati a S. Salvatore Telesino e concentrati a Piedimonte Matese (all’epoca, Piedimonte d’Alife) il 9 ottobre 1943. Il rastrellamento potrebbe essere stato causato da alcuni atti di sabotaggio effettuati nell’area, ma forse rientrò nella deportazione di uomini da impiegare come forza lavoro. Il 13 ottobre i prigionieri riuscirono a scappare (probabilmente grazie all’aiuto del maresciallo dei carabinieri preposto alla loro sorveglianza) o vennero rilasciati, e tornarono in paese. Le quattro vittime, invece, furono catturate di nuovo. I loro corpi vennero rinvenuti dalle truppe alleate nella chiesetta di campagna di S. Francesco, in contrada Odi a Faicchio, il 18 ottobre successivo».
Oggi questa ricostruzione può essere arricchita dal lavoro che Mariavittoria Albini ha condotto sulle carte presenti nel Ricompart Campania (Ufficio per il servizio riconoscimento qualifiche e per le ricompense ai partigiani). Il nuovo materiale consiste nelle pratiche dei quattro amici per ottenere la qualifica, poi assegnata dalla commissione, di caduti per la lotta di liberazione, vittime innocenti della violenza nazifascista.
Purtroppo gli autori dell’eccidio non sono mai stati riconosciuti a causa dell’assenza di qualsivoglia forma di testimonianza e per questo motivo si è giunti alla chiusura del caso senza l’individuazione dei responsabili.
Inoltre, l’Anpi di Benevento esprime la sua gratitudine alla signora Antonella Maiorano, nipote di Aldo Pezzato, che venuta a conoscenza dell’argomento del seminario ha voluto fortemente essere presente offrendo a tutti i presenti anche una testimonianza di quello che è stato il vissuto della sua famiglia in merito alla tragica fine del loro congiunto.

L’intervento di Dolores Morra, invece, ha posto il focus sul consolidamento della memoria attraverso l’opera di ricerca e sulla necessità di andare alle fonti per dare vita ad una vera e propria azione di demistificazione da un lato e di disvelamento di ciò che ancora non emerge dall’altro.
La Resistenza al Sud è spesso stata associata univocamente a Napoli e alle sue quattro giornate, in realtà bisogna considerare la Resistenza come un fenomeno complesso e diversificato tanto da poter leggere in essa tante resistenze. Una Resistenza patriottica come quella ad esempio di Michele Ferrajolo, medaglia d’oro al valor militare che si oppose fermamente alla richiesta di resa incondizionata postagli dalle forze tedesche e morì in combattimento; una Resistenza passiva di coloro che si nascosero per non avere nessun tipo di connivenza o compromesso con le forze di invasione; una Resistenza organizzata di cui a livello diffuso si sa ancora poco perché si è volutamente e arbitrariamente sminuito il valore della Resistenza al Sud accentuando e ingigantendo lo spontaneismo che pure, come ovunque, c’è stato.
Morra si è quindi interrogata sull’uso pubblico della storia: perché non c’è stata voglia di parlare delle stragi? Perché tacere o sminuire il ruolo delle donne? Perché negare il rapporto della Resistenza al Sud con l’antifascismo e l’internazionalismo?
L’uso politico della storia fatto dalle classi dirigenti ha avuto come suo obiettivo, purtroppo riuscito, quello di anestetizzare il desiderio e la passione presenti alla base della partecipazione popolare per creare, sostenere e consolidare forme di asservimento, clientelismo, assistenzialismo.
Dimenticare la valenza politica della Resistenza a Napoli e al Sud, in generale, ha proseguito Morra, significa consegnare ipso facto concetti forti ed essenziali della vita comunitaria, come quello di Patria, alla destra e al suo uso razzista e nazionalista.
Per tale motivo solo il ritorno alle fonti, lo studio serio e approfondito possono consentire di evitare i rischi che corre la narrazione resistenziale, da un lato la mummificazione e dall’altro la retorica e provare a ricomporre un immenso torto, quello di aver sottratto al Sud l’ethos politico della stagione resistenziale confinando l’origine della lotta in un moto tellurico, spontaneo e disorganizzato.

Il prossimo incontro con i seminari organizzati dall’Officina di Studi storico-politici “Maria Penna” è per venerdì 6 aprile alle 17.30 con Gaetano Cantone che proporrà un intervento dal titolo La deriva del “nuovo”. Avanguardia culturale e avanguardia politica: dai futuristi all’extraparlamentarismo del Novecento.

di Dario Melillo

Informazioni su anpisannio

Comitato Provinciale ANPI del Sannio
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