Con il nuovo anno sono ripartiti i seminari organizzati dall’Officina di studi storico-politici Maria Penna dell’Anpi di Benevento e venerdì 19 gennaio il salone “Di Vittorio” della CGIL ha ospitato l’intervento di Ilaria Vergineo su Piero Gobetti e Norberto Bobbio: dall’antifascismo alla Resistenza.
Vergineo ha inaugurato il suo intervento motivando la volontà di muoversi tra i due intellettuali torinesi, sottolineando nel primo la riflessione lucida e “illuminata” retta da una grande passione etica e civile e nel secondo uno “sguardo sulla Resistenza mai banale, sempre semplice e diretto”.
L’Antifascismo e la Resistenza – ha proseguito Vergineo – vivono un rapporto che si potrebbe considerare simile a quello che è intercorso tra Illuminismo e Rivoluzione Francese e in quest’ottica non desta meraviglia che Gobetti si considerasse un seguace dell’Illuminismo: una “dimensione ideale”, quella antifascista, che sfocia nella “dimensione reale” della Resistenza.
L’elemento ideal-razionale è in chiara opposizione con il movimento fascista che, evidenzia Bobbio, si caratterizza come movimento antideologico, anzi un’ideologia negativa e, sempre su questa linea, Vergineo ha richiamato l’intervento di Umberto Eco, L’identikit del fascista, nel quale il grande semiologo annovera il culto dell’azione per l’azione e il rifiuto del pensiero critico tra gli elementi caratteristici dell’essere fascista.
In realtà un tentativo di legittimare filosoficamente il Fascismo avviene, afferma Vergineo, con l’opera di Giovanni Gentile che prova a ricodificare il liberalismo, “piegando” la libertà dell’individuo e considerandola tale solo nella realizzazione statale, ma così facendo cancellandola.
Gobetti, al contrario, è un liberalista individualista nel senso della piena responsabilità delle proprie azioni e si potrebbe dire – continua Vergineo – che il suo sia stato un liberalismo pedagogico proprio perché pose al centro il problema educativo. Infatti egli vede una profonda impreparazione in quelli che vogliono governare il paese e che anzi, a causa di superficialità e demagogia, preparano solo la strada all’avvento del Fascismo.
Il deficit del paese è quello della mancanza di una rivoluzione liberale che dia vita ad «una classe politica che abbia chiara coscienza delle sue tradizioni storiche e delle esigenze sociali nascenti dalla partecipazione del popolo alla vita dello Stato». Per questa rivoluzione Gobetti guarda con attenzione al movimento operaio, unico movimento davvero laico che può paradossalmente dare vita a quella rivoluzione borghese mai esistita.
Questa rivoluzione, insieme pedagogica, civile e politica, è ancor di più necessaria poiché, ritiene Gobetti, durante il Fascismo emergono i vizi costitutivi del nostro paese; infatti, Mussolini è l’eroe rappresentativo dell’italiano che non cerca un governo, ma una disciplina paterna. In altri termini, afferma con forza Ilaria Vergineo, si baratta la libertà per la sicurezza con un movimento tipico di ogni regime totalitario.
Il Fascismo, come “autobiografia di una nazione”, diventa un atto di accusa nei confronti di quella arretratezza culturale del paese e dell’inadeguatezza delle sue classi dirigenti. L’assenza nel nostro paese dei processi di modernizzazione della società e della politica che in varie parti di Europa si sono manifestati con la riforma protestante e la nascita del capitalismo ha favorito la formazione di un animo servile perchè, afferma Vergineo citando Gobetti, “né Mussolini né Vittorio Emanuele hanno virtù di padroni, ma gli Italiani hanno bene animo di schiavi”.
È il profondo senso della libertà che fa dire a Gobetti che “il nostro antifascismo prima che un’ideologia, è un istinto”, che lo spinge a battersi contro quella italica pigrizia che allontana dalla lotta politica quando, invece, “non è lecito essere apolitici quando si difendono le ragioni e i diritti fondamentali della critica, del pensiero, della dignità”.
Per questi motivi, continua Ilaria Vergineo, risulta ancor più drammatica, ma allo stesso tempo nobile la breve vita di un giovanissimo intellettuale che subisce sulla pelle e nella carne la violenza fascista, ma che non ha paura ad invocare la ghigliottina nella speranza che solo un sacrificio estremo possa svegliare il sonno in cui versa il paese tutto.
Alla luce di queste considerazioni, che hanno stimolato alla fine dell’intervento un vibrante e interessante dibattito, Ilaria Vergineo ha concluso che bisogna comprendere la funzione sostanziale dell’educazione soprattutto in tempi di crisi perchè “il cambiamento nasce solo da un cambiamento culturale attraverso la missione educativa della scuola”.
Il 9 febbraio alle 17.30 sempre presso la Cgil di Benevento il quinto appuntamento con il professore Giovanni Cerchia che presenterà il suo libro intitolato La memoria tradita: la II Guerra Mondiale nel mezzogiorno d’Italia.
Dario Melillo