Il discorso del presidente Ciervo per il 25 aprile

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25 aprile 2019, Benevento.

Carissime cittadine e cari cittadini che state partecipando alla manifestazione del 25 aprile del 2019,

è motivo di grande onore e di grande responsabilità chiudere, per conto dell’ANPI del Sannio il corteo a cui, tutti insieme, stamattina abbiamo dato vita.
Ed è un onore grande parlare avendo di fronte la piazza, intitolata a Giacomo Matteotti, paradigma, simbolo e archetipo di tutte le innumerevoli vittime del fascismo e del nazismo in Italia.
È un onore il poter parlare nel cuore e al cuore di questa nostra antica città.
È un onore parlare in nome di tutte le iscritte e gli iscritti dell’ANPI di Benevento che annovera ancora, tra i suoi membri, il compagno partigiano combattente, Giuseppe Crocco, “Caramba”, che, a nome di voi tutti, saluto e ringrazio con riconoscenza e affetto immutati.
È – infine – un onore parlare a nome di tutte le istituzioni presenti, delle forze politiche, dei sindacati, delle associazioni e dei movimenti che hanno aderito e che hanno voluto che il 25 aprile, venisse celebrato con spirito unitario e con molteplici iniziative che, all’interno della ricchezza delle storie e delle sensibilità plurali, ne caratterizzano la vita.

Quest’anno siamo obbligati a puntualizzare un elemento che è la sostanza stessa di questa giornata. Il 25 aprile è Festa nazionale. È la Festa della Liberazione dell’Italia dal giogo nazi-fascista. Essa vede, in questo momento e per la giornata intera, migliaia e migliaia di persone nelle piazze e nelle strade di tantissime città e paesi. È evidente che nessuno riuscirà a cancellarla.

E poiché noi siamo abituati a parlare con chiarezza, intendiamo riferirci a tutti coloro che cercano di negarla, pensando di ridurla ad uno scontro tra “fascisti e comunisti”. Intendiamo riferirci a chi continua a gettare fango e fuoco sulla memoria delle partigiane e dei partigiani, a chi tenta con le consuete, rozze argomentazioni, ignoranti e razzistiche di riportare l’orologio della storia al ventennio del criminale Benito Mussolini.
In realtà il 25 aprile ricorda e rinnova la lotta vincitrice del popolo italiano contro il nazi-fascismo.
Il 25 aprile ricorda e rinnova la vittoria degli ideali di libertà e di democrazia che hanno spazzato via la dittatura. Il 25 aprile è il canto corale delle origini autentiche della nostra Repubblica.
Non sarà inutile parafrasare ciò che Vittorio Foa rivolse a un senatore missino, Giorgio Pisanò: “È perché il 25 aprile abbiamo vinto noi che tu sei senatore della Repubblica. Se aveste vinto voi, io non solo non sarei al Senato, ma forse sarei ad Auschwitz”. Come Primo Levi e come Liliana Segre. Come padre Massimiliano Kolbe e Suor Teresa Benedetta della Croce. Come Vittoria Nenni e Mario Finzi.

Siamo pienamente consapevoli di essere dentro un profondo cambiamento di cui sembra che non si riesca a percepirne, fino in fondo, la radicalità. Eppure siamo in grado di leggere i segni di un mondo, negli ultimi decenni, profondamente cambiato: le parole d’ordine che, per moltissimo tempo, sono state le sirene a cui non moltissimi hanno saputo resistere. Non di “sorti magnifiche e progressive” si trattava, ma di autentici peccati capitali le cui conseguenze sono ora un cumulo di macerie tra le quali è possibile ritrovare diritti negati, povertà crescenti, ingiustizie profonde. Nel buio del momento si colgono sempre di più fenomeni di degrado istituzionale, in cui le tentazioni presidenzialiste e le tendenze plebiscitarie si combinano con la sovranità del mercato, con la frantumazione sociale, con il trionfo dell’individualismo, con il vuoto culturale e con le seducenti suggestioni dei media e della rete. E la violenza e la sopraffazione la si ritrova anche nei rapporti personali dentro e fuori le famiglie.
Con la questione femminile ritornata al centro del dibattito, grazie anche a taluni disegni di legge totalmente oscurantisti, se non addirittura reazionari, che finiscono per fare strame dell’articolo 3 della Costituzione. Ecco perché abbiamo voluto organizzare, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del comune di Benevento, la mostra sulle 21 madri costituenti.
Ma il medesimo articolo è messo ancora più gravemente in pericolo da un altro tema a cui, stranamente, né la società civile né la politica sembrano particolarmente attenti. Intendo riferirmi alla cosiddetta autonomia differenziata. L’autonomia differenziata è il più raffinato e radicale progetto antimeridionale della storia repubblicana perché esso si poggia sull’idea di “criminalizzare” i normali trasferimenti e gli investimenti pubblici nelle regioni meridionali.
Abbiamo riflettuto seriamente sulle conseguenze dell’autonomia differenziata? Che nascerà una sanità di serie A e una di serie B, che i malati bisognosi di interventi specialistici non potranno più trasferirsi dagli ospedali della propria regione a quelli del Nord, che le scuole e le università del Sud avranno sempre meno risorse? Non è certamente per scelta politica che facciamo riferimento a tale prospettiva, ma è l’urgenza della difesa della Costituzione che ci spinge a segnalare l’esigenza di difendere l’unità nazionale, messa in grave pericolo da scelte siffatte.
Dunque la competizione senza regole, la supremazia della finanza sull’economia reale, e dell’economia sulla politica, e della tecnica sui valori dell’humanitas, e la mitizzazione del profitto non hanno migliorato il mondo. Anzi in tutto questo noi possiamo individuare la causa prima della crisi profonda dalla quale non riusciamo a venir fuori. Aggiungiamo a ciò le guerre infinite e le terribili stragi che, hanno lasciato il loro segno di sangue anche il giorno di Pasqua.
Ed è – lasciatemelo dire – francamente curioso che mentre papa Francesco, dal balcone centrale di san Pietro pregava per le vittime dello spaventoso massacro del giorno di Pasqua, lo spin doctor – ora si usa dire così – del ministro dell’Interno riteneva necessario postare una foto dello stesso ministro imbracciare un mitra. Fare paura per rispondere alle paure. È così che si alimenta l’onda nera.
In tv ci dicono che questo signore sia un docente di filosofia del web.
Se questa è la filosofia del web, noi continuiamo a preferire le risposte che hanno offerto altri filosofi: Socrate, Giordano Bruno o come il pensatore della non-violenza Aldo Capitini. E i mitra imbracciati dai partigiani hanno portato all’articolo 11 dellaCostituzione. Inquietanti fenomeni, sul piano politico-istituzionale, si colgono quotidianamente: l’indebolimento del Parlamento, il contatto diretto con le masse, l’intesa cordiale con i gruppi neofascisti europei tra i quali il comun denominatore è il sentimento razzistico del rifiuto del diverso. Sono i fenomeni di ciò che Umberto Eco chiama il fascismo eterno: l’esaltazione del sangue, il disprezzo per la cultura, il rifiuto del diverso, l’antiparlamentarismo, l’irrazionalismo dominante.
Che fare?
Ci sono dunque delle ottime ragioni che ci spingono a continuare a fare memoria della Resistenza e della liberazione dal nazifascismo. Il fare memoria è, per noi, un dovere morale e politico.
Noi ritroviamo e rinnoviamo lo spirito della Resistenza per opporci alla cultura dei muri innalzati, dell’innalzamento dei reticolati, delle polizie schierate, della ripresa e della riorganizzazione di forze che si riferiscono esplicitamente ai disvalori del nazifascismo.
Rinnoviamo e ritroviamo lo spirito della Resistenza per opporci agli egoismi delle piccole patrie, e delle chiusure pseudo-identitarie. Per vincere sul rifiuto di chi fugge dalle guerre e dalla povertà, guerre e povertà che noi, gli europei dei grandi valori, abbiamo contribuito a far nascere in tante zone del mondo.
Ritroviamo lo spirito della Resistenza e proviamo a riflettere con attenzione sui segnali che ci arrivano dagli uomini e dalle donne che hanno combattuto contro il nazifascismo.
Prendiamo esempio dalla loro scelta etica non di salire sul carro del vincitore, come pure sovente ci tocca vedere in questi giorni, ma di salire in montagna, mettendo in conto anche la possibilità della morte.
Ripensiamo alle centinaia di migliaia di prigionieri italiani che rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò. Ricordiamo gli italiani e le italiane che aiutarono i partigiani, che nascosero gli ebrei. Riprendiamo in mano, se possibile, un libro di storia di questo paese e analizziamo che è accaduto dal 1943 al 1948: cinque anni, solo cinque anni per porre fine alla guerra, per scegliere la pace, per scrivere la Costituzione, per ricostruire, con il lavoro l’impegno e l’intelligenza, il paese. Impariamo dai 535 uomini e dalle 21 donne che, ognuno con una propria visione politica, schierati in partiti politici con valori ideali e visioni del mondo contrapposti, riuscirono a ritrovarsi insieme, costruendo, in un nobile ed altissimo compromesso, i principi fondativi della Repubblica.
Questo è il nostro compito, oggi, a settantaquattro anni dalla Liberazione. Ritrovare in quei giorni quella luce che possa illuminarci lungo il cammino della nostra vita comune, alla maniera in cui quella luce la colse un poeta come Pierpaolo Pasolini

Mio fratello partì, in un mattino muto
di marzo, su un treno, clandestino,
la pistola in un libro; ed era pura luce.
Visse a lungo sui monti, che albeggiavano
quasi paradisiaci nel tetro azzurrino
del piano friulano: ed era pura luce.
Nella soffitta del casolare mia madre
guardava sempre perdutamente quei monti,
già conscia del destino: ed era pura luce.
Coi pochi contadini intorno
vivevo una gloriosa vita di perseguitato
dagli atroci editti: ed era pura luce.
Venne il giorno della morte
e della libertà, il mondo martoriato
si riconobbe nuovo nella luce.

Buon 25 aprile, cittadine e cittadini, viva la Resistenza, viva la Costituzione, viva l’Italia!

Amerigo Ciervo
Presidente Comitato provinciale ANPI Benevento

Informazioni su anpisannio

Comitato Provinciale ANPI del Sannio
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