Care concittadine e cari concittadini,
Care amiche e cari amici,
care compagne e cari compagni,
Il 25 aprile è la festa di tutte le italiane e di tutti gli italiani. Delle loro radici e del loro futuro. Oggi noi ricordiamo i combattenti per la libertà, i loro sogni di democrazia, di uguaglianza e di felicità. Ricordiamo il loro desiderio di portarli avanti con coraggio e con tenacia, serbando nel cuore la speranza di un paese civile, giusto e solidale. E siamo qui, a ricordarli, non da soli.
Siamo con i rappresentanti delle istituzioni.
Saluto e ringrazio il vice-sindaco della città di Benevento, i sindaci di Sant’Agata dei Goti e di Arpaise, il rappresentante della provincia.
Siamo con i sindacati, con la CGIL, la CISL e la UIL e i loro dirigenti. Siamo con Libera, con l’ARCI e con l’UISP, con i centri sociali.
Siamo con tanti cittadini, singoli militanti e rappresentanti di partiti, movimenti e forze politiche, donne e uomini consapevoli del fatto che le istituzioni democratiche si tutelano e si difendono con l’impegno quotidiano e con la memoria collettiva delle ragioni e degli eventi che hanno costituito e costituiscono gli snodi decisivi della nostra storia.
Tutti – a nome del comitato provinciale dell’ANPI – ringrazio per la presenza.
Voi non siete in questa piazza, intitolata a uno dei martiri più fulgidi dell’antifascismo, per l’ANPI.
Voi non siete presenti per onorare l’ANPI.
Voi avete risposto all’invito dell’ANPI, partecipate alla festa della liberazione perché il 25 aprile è, appunto, la festa di tutte le italiane e di tutti gli italiani. E’ la festa della rinascita, della libertà e della dignità di un paese che un regime totalitario aveva condotto alla guerra e alla distruzione: “Avete distrutto l’Italia, toccherà a noi ricostruirla”, sembra abbia affermato Antonio Gramsci, di cui, tra qualche giorno, ricorderemo l’ottantesimo anniversario della morte.
Non ci può essere divisione di fronte ad un ricordo comune come quello del 25 aprile. Noi non saremo mai un paese normale se non supereremo queste antistoriche, incomprensibili questioni rispetto a questa data fondante della nostra patria. Questioni che sembrano, da qualche tempo, attraversare anche campi finora insospettabili e in cui mai avremmo, solo qualche anno fa, non dico pensato, ma nemmeno potuto immaginare una direzione verso scelte tanto trancianti rispetto ad una tradizione consolidata.
Non vorremmo che la motivazione dipendesse dal referendum del 4 dicembre, dalla scelta dell’Anpi e dalla durezza dei contrasti intercorsi in quei giorni. «Certamente qualche traccia rimane – lo ha riconosciuto anche il presidente Smuraglia in una recente intervista – ma nel nostro progetto politico-culturale stiamo ricostruendo l’unità. L’Anpi ha avuto differenziazioni, ma noi non chiediamo a nessuno per cosa ha votato. Se mai – continua Smuraglia – qualche strascico lo si ritrova negli attacchi che sono stati rivolti all’Anpi in questi giorni in cui vedo rancore o vendetta, che però – vivaddio – non sono nobili sentimenti”.
Ma quest’anno, ancora di più di quanto non lo facciamo ogni anno, noi festeggiamo la Costituzione, nel 70° anniversario della sua approvazione. Sappiamo tutti che lo straordinario lavoro di concordia e di responsabilità, che portò alla stesura delle regole, alla definizione dello stesso “ethos” democratico della nostra vita associata, si fonda sulla Resistenza. La Resistenza è il muro portante della nostra Costituzione democratica e repubblicana. Quindi essa è intrinsecamente, essenzialmente, se mi consentite: ontologicamente antifascista. Chi non ne accettasse questo carattere, chi ne mettesse in dubbio l’aspetto storicamente più qualificante, finirebbe con il negare la Costituzione stessa.
Che – mi sembra doveroso ricordarlo ai più giovani – nella sua XII disposizione espressamente “vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Disposizione che trova la sua attuazione, dal 23 giugno 1952, data della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, della legge 645, la cosiddetta “legge Scelba”.
Cosa significa, per tale legge, riorganizzazione del partito fascista? E’ bene leggere direttamente l’articolo della legge:
“Ai fini della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.”
Metodi di lotta che prevedono violenza, o raid, come quelli denunziati da un comunicato di “Depistaggio”e che, invano, abbiamo cercato sulle pagine dei giornali o sui siti on line. Benevento non ha nessun bisogno di sciagurate presenze, queste sì, annunciate in pompa magna addirittura in prima pagina, di presenze che sembrano uscire direttamente dall’articolo della legge appena citato.
Questa è la legge vigente ancora in Italia. Chiara, limpida, essenziale.
Ma, noi lo sappiamo, in Italia, molto spesso c’è un ben strano modo di intendere la legge. O, magari, di non intenderla. “Altro che il mio regno per un cavallo”. “Il mio regno per un cavillo”: avrebbe esclamato lo shakespeariano re Riccardo III se avesse combattuto sotto i nostri cieli, piuttosto che a Leicester. E cavillo dopo cavillo, e voltando spesso la faccia in altra direzione, sono più di vent’anni che conservare la memoria della Resistenza è diventata una lotta dura, aspra, difficile. Negli ultimi mesi ancora più aspra e difficile. Sono più di vent’anni che, in questo paese – che con la memoria ha sempre avuto un rapporto difficile – si sta tentando l’operazione rimozione: sicché il giusto revisionismo storico si confonde con il negazionismo. Sono più di vent’anni che movimenti e associazioni le più diverse, che si ispirano direttamente al fascismo, si muovono impunemente nella nostra società, instillando odio verso il diverso, predicando odio e violenza…
E sono più di vent’anni che, da molte parti, in breve, si riversa tutto in una padella capiente per friggere la solita frittata, alla solita maniera. Mescolando tutto, senza pudore e senza vergogna.
Gli uomini, è raccontato nel mito del Protagora di Platone, pur partecipi di un destino divino e, nonostante con la loro arte avessero imparato a parlare e a costruire case, vestiti e a praticare l’agricoltura, continuavano a vivere separati, e non riuscivano a unirsi neppure per difendersi dagli animali feroci perché non avevano l’arte politica. Allora Zeus, per salvarli dalla rovina, inviò Hermes a portar loro la vergogna e la giustizia perché potessero dare vita alle costituzioni delle città. Hermes chiese se dovesse distribuire vergogna e giustizia soltanto ad alcuni, come avviene per le altre arti, per esempio la medicina, oppure a tutti. Zeus gli rispose di darle a tutti, perché senza vergogna e giustizia non potrebbe esistere la comunità politica: «istituisci dunque in mio nome una legge per la quale chi non è capace di condividere vergogna e giustizia sia soppresso come una malattia della città”. La mancanza di vergogna e l’ingiustizia portano le città alla morte.
Da qualche parte ci viene rivolta l’accusa che, oramai, questa giornata non sia altro che la ripetizione di uno stanco rituale, svuotato di ogni valore culturale e politico. E parte anche il solito mantra dei veri partigiani e dei falsi partigiani. Non risponderò a questa accusa infamante rivolta ad un’associazione che conta ancora, tra i suoi iscritti, quattromila e cinquecento partigiani combattenti. Certo i vecchi partigiani ci stanno lasciando. Come, nel dicembre scorso, ci ha lasciato il compagno Alfredo Festa. L’anno scorso era qui, con noi, in un freddissimo e umido 25 aprile, ancora a rendere testimonianza alle scelte e all’impegno militante partigiano. Ad Alfredo riconfermiamo il nostro saluto affettuoso e il nostro ricordo imperituro. Ma è dal 2006 che l’associazione ha deciso di accettare gli antifascisti di ogni età. Tempus fugit, Il tempo fugge via, certo. e purtroppo i partigiani combattenti diventano minoranza. Ma l’ANPI ha – giustamente – pensato a una ventata nuova di giovani antifascisti, impegnati per i diritti e l’uguaglianza, che sono i nostri valori di sempre. E, seguendo questa linea, riaffermata unitariamente nel congresso di Rimini del maggio del 2016, anche il nostro comitato provinciale ha deciso di costituire un’officina di studi storico-politici, formata da giovani studiose e giovani studiosi impegnati nella ricerca storica e nello studio della costituzione con la finalità di ricostruire, con scienza e con rigore, con la mente e con il cuore, la storia dei partigiani nella nostra provincia ma soprattutto di lavorare con le scuole, proseguendo la linea indicata da uno dei nostri presidenti onorari, il nostro compagno Tonino Conte.
Per il 25 aprile abbiamo già quest’anno iniziato a sperimentare i nostri progetti in due scuole della nostra città: la primaria di sant’Angelo a Sasso e la media Bosco Lucarelli con ottimi risultati e giudizi positivi di dirigenti e docenti. Tra qualche giorno sarà il turno di due classi del liceo scientifico Rummo. Siamo infatti convinti che solo con la conoscenza, con la cultura, con il rigore scientifico si possano vincere le spinte negazioniste e contrastare i rigurgiti fascisti in questo paese e far capire loro le scelte dei resistenti: Citando un altro grande italiano del Novecento, don Lorenzo Milani, di cui tra qualche mese ricorre il cinquantesimo della morte: “Bisogna avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini, né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto.”
Ma si parlava della ritualità. Noi non abbiamo paura del rito. Che ha una funzione importante nelle nostre forme comunicative. Qualcuno ha affermato che l’uomo è un animale simbolico. Se questo è vero, come è vero, la ripetizione rituale non ci farà paura. Fermarsi per qualche ora, arrestarsi di fronte ai nostri impegni lavorativi per rivolgere insieme un pensiero ai morti per la libertà di tutti, sfilare in corteo, cantare “Bella ciao”, sia pure solo per un giorno: sono tutte azioni, queste, di cui noi non provano assolutamente vergogna. Tutt’altro. Ma, al di là delle forme simboliche, questi momenti solenni servono per fare il punto sullo stato della “polis”. Sui principi e sui valori fondativi del nostro paese: Principi e valori realizzati solo in parte se guardiamo, per esempio, alla situazione complessiva dell’Italia dove un diritto elementare, come quello al lavoro, in particolare per i giovani, è disatteso, dove l’attuale modo di far politica per lo più allontana, invece di stimolare e promuovere la partecipazione popolare, dove l’orizzonte antifascista non è ancora pienamente patrimonio dello Stato in ogni sua espressione. Questi nostri spazi sono, oggi, gli spazi di resistenza.
Resistere al fascismo oggi significa resistere alle ideologie dei muri, della xenofobia, della paura del diverso, resistere a tutti quei fenomeni, cioè, che stanno diventando veri e proprio programmi politici attraverso cui forze e movimenti sfruttano le paure e il disagio provocati dalla crisi.
Resistere al fascismo oggi significa impegnarsi, senza se e senza ma per la pace. Dobbiamo rivolgere un appello urgente per la pace. Un appello alla civiltà suprema del dialogo, della sua umanità, della sua intelligenza. E allora vi leggo un passo di un appello firmato da ANPI, CGIL, CISL UIL, ARCI e ACLI, e a cui hanno aderito Don Luigi Ciotti, Alessandro Pace, Sandra Bonsanti, l’ARS (Associazione per il rinnovamento della sinistra), Articolo 1 – Mdp, Legambiente, Rete della Conoscenza, Greenpeace Italia
“Questo è un appello urgente per la pace. Un appello alla civiltà suprema del dialogo, della sua umanità, della sua intelligenza. Leggiamo e apprendiamo di bombe, di grandi eventi nucleari, di raid preventivi. Un irresponsabile e impressionante gioco alla guerra che deve essere subito fermato. Chiediamo con forza alle Istituzioni internazionali, ai Governi del mondo che si metta a tacere l’assurdo di queste intenzioni che porterebbero a effetti disastrosi e di morte già tragicamente vissuti. Facciamo appello alle cittadine e ai cittadini affinché si mobilitino per diffondere il più possibile voci e iniziative di pace, anche in nome della nostra Costituzione che sempre ci ricorda che “l’Italia ripudia la guerra”. Come ci ha sempre insegnato il nostro caro Giuseppe Crocco, “Caramba”, abbiamo combattuto perché volevamo la pace. Mai più guerra, per sempre la pace.
L’altra sera, al Mulino Pacifico, la Solot e iMusicalia hanno ricostruito, con la mente e con il cuore, con un esempio di teatro-musica civile, il ricordo della gappista beneventana Maria Penna. Cosa significa ricordare, dunque?
Significa trasmetterci e trasmettere la voglia di essere parte attiva dell’ormai sempre più irrimandabile processo di attuazione integrale della Costituzione, di contrastare i troppi neofascismi che impazzano nelle strade e per il web illudendo una parte delle giovani generazioni, di costruire una diffusa e forte cultura del dialogo, della solidarietà, della pace. Dobbiamo essere forti e tanti e darci appuntamento per tutti i giorni a venire.
Ho, poco prima, manomesso il Riccardo III. Ora consentitemi di citarne un altro passaggio nella direzione della speranza
« Ormai l’inverno del nostro scontento
s’è fatta estate sfolgorante, ai raggi di questo sole di York »
Il 25 aprile rappresenti un impegno quotidiano a sentirci una comunità in marcia verso una democrazia realizzata fino in fondo. Con l’entusiasmo e le capacità di ognuno. E solo così i sacrifici di Alfredo e di Caramba, solo così il sacrificio supremo di Maria avranno ancora un senso. Per capire che libertà e dignità non si barattano con nulla. Questo insegnano, ancora oggi, i vecchi partigiani. Questo dobbiamo continuare a testimoniare.
Con la forza della speranza: spes contra spem.
Con la limpidezza dei nostri martiri. Con la limpidezza di Maria e di Rocco.
Viva il 25 Aprile Viva la Resistenza Viva la Costituzione Viva la Repubblica.
Amerigo Ciervo
presidente provinciale ANPI del Sannio
25 aprile 2017